L’argento è improvvisamente tornato nel mirino degli speculatori. Il metallo prezioso – rimasto indietro mentre l’oro volava ai massimi da sei anni, oltre 1.400 dollari l’oncia – ha superato la soglia dei 16 dollari l’oncia, un livello che non toccava da giugno 2018, ed è in rialzo di oltre il 15% dai minimi di maggio.
Ieri c’è stata una battuta d’arresto dopo la pubblicazione di dati economici positivi negli Usa, che contrastano con la presunta necessità di tagliare i tassi di interesse: nonostante la Bce abbia confermato l’orientamento accomodante in politica monetaria, sia l’oro che l’argento hanno perso quasi l’1%. Ma quest’ultimo è rimasto sopra 16 $ e comunque secondo gli analisti si è trattato di prese di beneficio, che non dovrebbero intaccare la tendenza rialzista.
L’argento ha una quota consistente di impieghi industriali. Un rallentamento dell’economia globale dovrebbe quindi esercitare un influenza negativa sul suo prezzo, almeno in teoria.
Il metallo ha tuttavia ricominciato ad attirare l’attenzione degli investitori quando il suo valore, in relazione all’oro, è diventato eccessivamente ridotto. A inizio luglio il divario si è spinto al record da 27 anni: il gold-silver ratio ha raggiunto quota 94, contro una media pluriennale di 63, fa notare Commerzbank.
La banca tedesca – alla luce delle recenti performance e delle buone prospettive di ulteriori rialzi nella rincorsa dell’oro – ha alzato la previsione di prezzo per fine anno a 18 $/oncia, dai precedenti 16,50 $.
Gli hedge funds sono tornati a scommettere sull’argento, posizionandosi in prevalenza al rialzo al Comex, dove per lungo tempo avevano dominato le posizioni “corte”, ossia ribassiste.
Ma soprattutto c’è un boom senza precedenti di acquisti di Etf, con flussi già superiori a 1.900 tonnellate a luglio, il quadruplo rispetto all’intero mese di giugno, quando già erano stati storicamente elevati.